Intervento dell'Ecc.mo Mauro Piacenza
Presidente della Pontificia Commissione per
i Beni Culturali della Chiesa e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra
CONFERENZA STAMPA
FESTIVAL DI PASQUA ROMA,
PALAZZO DELLA CANCELLERIA
9 MARZO 2007
1. La Conferenza stampa di presentazione del X Festival di Pasqua è circostanza
opportuna per ricordare il chirografo con cui il Santo Padre Giovanni Paolo II,
di v.m., nel 2003, ha voluto celebrare il centesimo anniversario del Motu proprio
di San Pio X “Tra le sollecitudini”, che delinea ancora validamente le caratteristiche
della musica sacra secondo la concezione della Chiesa cattolica (Giovanni Paolo
II, Chirografo sulla musica sacra Mosso dal vivo desiderio, 23 novembre 2003, n.
1; cfr Pio X, Motu proprio sulla musica sacra Tra le sollecitudini).
La musica sacra,
si configura essenzialmente come parte integrante della divina liturgia, avendo
come fine “la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli” (Concilio Ecumenico
Vaticano II, Costituzione sulla sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium,
120). In
questo la musica sacra si colloca in una tradizione viva che affonda le radici sin
nelle primitive comunità cristiane, esortate dall’apostolo Paolo “a cantare a Dio
di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali” (Col 3, 16; cfr Ef
5, 19),
Ma perché la musica sacra possa dirsi tale deve possedere alcune caratteristiche.
Deve esprimere anzitutto “santità”, possedere cioè il senso della preghiera e costituire
quindi sia un mezzo di elevazione dello spirito a Dio, sia un aiuto per i fedeli
nella “partecipazione attiva ai sacrosanti misteri e alla preghiera pubblica e solenne
della Chiesa” (Tra le sollecitudini); deve presentare aderenza ai testi biblici
ed eucologici, consonanza ai tempi liturgici e corrispondenza ai gesti e ai contenuti
di una celebrazione.
Un secondo principio caratterizzante è individuato nella “bontà delle forme”,
per cui la musica sacra deve essere “vera arte”, insignita di dignità
e bellezza capaci di introdurre nei sacri Misteri.
Infine – ed è questo un punto
particolarmente delicato – deve saper congiungere alle legittime esigenze di adattamento
e di inculturazione – richieste dalla diffusione della Chiesa presso vari popoli
e culture – il requisito della “universalità”,
che si individua quando una composizione
è ovunque e comunque percepita come sacra. Ci si deve inoltre riferire ad una oggettività
del bello e del sacro, non facile da far comprendere nel contesto culturale contemporaneo.
Ci sarebbe molto da argomentare al proposito, ma non è questa la circostanza per
poterlo fare.
2. Accanto al canto gregoriano, ancora oggi riconosciuto come il “canto
proprio della liturgia romana” (Sacrosanctum Concilium, 116) e alla polifonia sacra,
va considerata l’immensa produzione di messe, mottetti, corali ecc., la cui “sacralità”
è tanto meglio percepibile quanto più i compositori, oltre che esperti nell’arte
musicale, sono “imbevuti di senso del mistero” (Giovanni Paolo II, Lettera agli
artisti, 4 aprile 1999) e partecipi della vita della Chiesa.
Ma considerando pure
il repertorio di ispirazione religiosa, come gli oratori, con intenti squisitamente
didattici o tutta quella produzione, talora di altissimo livello, formalmente liturgica,
ma sostanzialmente teatrale e quindi non propriamente sacra, non si può non considerare
tale patrimonio musicale come uno dei frutti più consistenti dell’umanesimo cristiano
e uno dei contributi della fede alla cultura dell’uomo. D’altronde la fede (vissuta!)
genera cultura per la vita. Patrimonio davvero splendido e spiritualmente elevante.
3. Poiché questo patrimonio culturale è vivo e ancora oggi apprezzato, va pienamente
valorizzato nelle opportune sedi. E sarebbe un vero delitto culturale privare le
nuove generazioni di una educazione del gusto. Del resto, la musica si configura
quale fattore elevante la persona, allorché, nell’espressione dei suoi vari generi,
possa dirsi veramente armonia. Non solo eleva quanti si accostano ad essa o ne sono
raggiunti, ma è ad un tempo civilizzante ed educativa. Del resto, la musica è la
forma artistica più metafisica, e conduce il fruitore in un cammino del totalmente
altro da sé. Essa, con il canto, sgorga dall’intimo dell’uomo come fonte misteriosa
e pura, e la tecnica artistica diviene l’alveo armonico della sua espressione. Per
questo, una più ampia offerta della vera musica non potrebbe che elevare tutto il
tono della società e promuovere l’intera tavolozza dei valori. E non si può dire
che i giovani non amano certi generi. Si dovrà dire piuttosto che i giovani sono
traditi sul piano educativo, sono defraudati, perché nessuno può apprezzare ciò
che non conosce né può essere interessato chi è bombardato da ben altri messaggi.
Bisogna usare le composizioni per il fine per il quale sono state composte – e allora
vivono ed agiscono positivamente sull’animo umano. Bisogna eseguire! Le Autorità
preposte alla cultura devono servire il bene comune, anche diffondendo! I giovani
vedono e sentono ciò che viene trasmesso e diffuso. Non sono poche le istanze responsabili
di ciò…
Se il canto e la musica propriamente liturgici possono essere ancora utilmente
eseguiti durante le celebrazioni, il restante repertorio può trovare il suo pieno
apprezzamento in manifestazioni come quella che stiamo presentando. Se nel primo
caso la valorizzazione della musica sacra è normalmente affidata alle scholae canthorum
(raccomandate dal Concilio Vaticano II, la fedeltà al quale va salvata) nel secondo
possono avere un ruolo di grande benemerenza istituzioni come l’Associazione promotrice
di questo Festival, il cui fine è il reperimento, la conoscenza e l’esecuzione della
buona musica in genere, e della musica sacra più nota e più rara, sia per la liturgia
sia, a seconda dei casi, per esecuzioni comunque spiritualmente feconde.
4. Non
bisogna tuttavia dimenticare che accanto al ricupero del passato, un impegno urgente
è quello di stimolare la produzione di musica sacra contemporanea di qualità, essendo
giunto forse ormai il momento di superare la fase di sperimentalismo e dilettantismo
musicale che ha caratterizzato tristemente questi ultimi decenni segnati, fra l’altro,
anche da un convenzionalismo anticonvenzionale davvero soffocante.
Architettura,
scultura, pittura, mosaico, vetreria, artigianato vario, distribuzione delle luci,
fino ad arrivare alla musica e al canto, dovrebbero costituire un’unica sinfonia
per cantare la gloria di Dio, per illustrare la verità della fede, per cospirare
insieme a favorire la piena realizzazione della persona.
In conclusione, esprimo
il mio più vivo compiacimento alla Associazione Festival di Pasqua, nelle persone
del Presidente, il M° Enrico Castiglione, e dei suoi collaboratori, per l’organizzazione
di questa importante iniziativa che giunge alla sua decima edizione, che vede la
partecipazione di formazioni corali ed orchestrali, di musicisti, di cantanti e
di direttori di così alto livello, non solo di critica, ma effettivo!. Faccio voti
che con iniziative di tale portata possa rifiorire una stagione in cui artisti,
musicisti, uomini di cultura, imprese, collaborino, ciascuno con ciò che gli è proprio,
alla diffusione della cultura, e – lasciatemi dire – in particolare della cultura
cristiana, che è cultura propriamente umana. Mauro Piacenza Presidente della Pontificia Commissione per
i Beni Culturali della Chiesa e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.